Affitti brevi: essere o non essere attività d’impresa, questo è il problema.
Vi immaginavamo alle prese con questo dubbio amletico, cari Property managers, e siamo giunti in vostro soccorso, con la soluzione.
Sull’argomento si è, infatti, espressa l’Agenzia delle Entrate, attraverso la risposta n°373 del 10 settembre 2019, ponendo fine alla questione: sono il Codice civile ed il Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) a stabilire se l’affitto breve gestito tramite Airbnb o piattaforme simili configuri o no attività d’impresa. Vale, in tal senso, l’articolo 4 del Dl 50/2017 che prevede l’obbligo di ritenuta d’acconto da parte degli intermediari e la possibilità per il locatore di optare per la cedolare secca al 21%.
In altre parole, il proprietario dell’immobile – o sublocatore o comodatario – può scegliere di assoggettare i proventi maturati dall’affitto ad un’imposta sostitutiva dell’Irpef, delle relative addizionali e, in presenza di un contratto registrato, delle imposte di registro e di bollo, fissata al 21%.
Stando a quanto affermato dalla legge, sono ritenute locazioni brevi tutti quegli affitti che abbiano le seguenti caratteristiche:
- si riferiscono a stanze o abitazioni;
- non hanno una durata superiore a 30 giorni;
- vengono stipulati in maniera diretta o per mezzo di intermediari immobiliari, compresi i portali online (Airbnb et similia);
- possono comprendere servizi accessori di pulizia locali, fornitura di biancheria e utenze (come wi-fi e aria condizionata), escludendo però tutti i servizi aggiuntivi che presuppongono organizzazione (ad esempio, la ristorazione, la messa a disposizione di auto a noleggio, guide turistiche o interpreti: tutte prestazioni qualificabili fiscalmente come attività d’impresa);
- sono stipulati da persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa.
Era proprio l’interpretazione di quest’ultimo punto a causare una differenza sostanziale di vedute, in virtù – in alcuni casi – di leggi precedenti che sembravano contrastanti con Dl 50/2017 . Ad esempio, la normativa provinciale di Bolzano 12/1995 secondo cui «l’esercizio di affittacamere privato è possibile solo nel caso in cui non vengano stipulati più di quattro contratti di locazione all’anno per ogni camera o appartamento e purché non vengo svolta un’attività di promozione rispettivamente di intermediazione o non ci si avvalga della stessa».
A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che sono i principi generali dell’articolo 2082 del Codice civile e dell’articolo 55 del Tuir a stabilire se la locazione è svolta in forma imprenditoriale o meno. Qualora il contribuente rispettasse le caratteristiche esposte in questi due articoli, può applicare la cedolare secca sugli affitti senza dover dichiarare gli introiti come redditi d’impresa, anche se supera i quattro contratti annuali a cui fa riferimento la legge altoatesina. L’Agenzia ha inoltre ricordato che il regolamento previsto dal decreto legge 50, attraverso cui si sarebbero potuti stabilire «i criteri in base ai quali l’attività di locazione si presume svolta in forma imprenditoriale» non è mai stato promulgato.
Insomma, amici associati, lavorare nel settore extra-alberghiero con una tassazione ragionevole si può… a patto di rispettare le regole!
Ma noi siamo qui per questo, basta seguirci per essere sempre aggiornati ed agire nella legalità.
Contattaci per dubbi e consulenze e, ti invitiamo, su questo stesso tema, ad una analisi del panorama regionale sul criterio imprenditoriale al seguente articolo scritto da Sergio Lombardi: Imprenditori si nasce o si diventa?
Alla prossima!